La Grande Menzogna

Rime sparse in sulle prode riarse, di quella che un dì vitale, è oggi invero la Salute Mentale

Eccome virtuose sono le parole che oggi van di moda

Territorio, Domiciliarità e Budget di Salute, ciascun le loda.

Son esse pregiate e di esempio

Ma ahinoi in pratica se ne fa largo scempio

E si scrive si dice e si fa,

Ma lo volete saper qual è la dura verità?

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DGR 29 Psichiatria e Natale 2017: i pro ed i contro

Ed infine ebbe inizio…

Dopo anni di lotta, svariati ricorsi e migliaia di ore spese a parlare, pensare, suggerire, combattere ed affaticarsi, il 7 settembre 2017 il TAR del Piemonte ha posto la parola fine, bocciando quasi tutti i ricorsi e legittimando la DGR in oggetto.

Così l’Assessore Saitta :

“Siamo soddisfatti per l’esito della sentenza del Tar che ha respinto il ricorso di alcuni soggetti contro le delibere adottate lo scorso anno e nel 2015 dalla Giunta regionale sulla psichiatria.

I nostri provvedimenti intervenivano in una materia che per lunghi anni non era stata affrontata. Vogliamo mettere ordine in un settore assai delicato per i pazienti, seguendo il criterio dell’appropriatezza. Nessun trionfalismo: ora, più che mai, prosegue il nostro lavoro per dare certezza di cure ai malati e alle loro famiglie e per spiegare a tutti gli interlocutori la validità dell’impianto che, con gli uffici dell’assessorato, abbiamo predisposto.”

Sulle spiegazioni, i tavoli di monitoraggio ed il “nessun trionfalismo” molto ci sarebbe da dire, se non fosse faccenda assai delicata sarebbe persino da riderci ; ma non è l’oggetto di questo scritto.

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30 volte 30. L’apocalisse ed il nocciolo della questione psichiatria in Piemonte

In seguito alla pubblicazione della Deliberazione della Giunta Regionale 3 giugno 2015, n. 30-1517 con oggetto il riordino della rete dei servizi residenziali della Psichiatria a firma congiunta degli Assessori Ferrari e Saitta, si è aperto un nuovo scenari-cavalieriio nella psichiatria piemontese. Sono divampate polemiche, si sono cercate mediazioni, chieste audizioni, prodotti documenti di ogni sorta. Infine c’è stato un ricorso al TAR che ha sospeso la delibera. Il tempo è passato gli scontri continuati. Oggi dopo più di un anno è in arrivo una nuova versione della DGR succitata. Fatte alcune modifiche di poco conto, in sostanza restano un arretramento culturale marcato e l’inizio del disfacimento del lavoro territoriale. Evocare l’apocalisse è troppo? Non crediamo soprattutto andando al nocciolo del problema. Vediamo perché. Dal greco  apó (“da”) e kalýptein (“nascosto”), il termine si può intendere come catastrofe o tragedia  ma più propriamente  indica una rivelazione,  una scoperta o il disvelamento di un mistero.

Perché tanta ostinazione in una Giunta Regionale, fatta da persone della cui onestà qui non si dubita? Perché un partito che della concertazione sociale, come il PD, ha sempre fatto un vanto, qui invece si è dimostrato restio, rigido al limite dell’arroganza?

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Corsi e Ri-Ricorsi (1 di 3)

Nulla di fatto ? Ancora TAR ?

Facciamo il punto sulla Nuova DGR 30

 

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BREVE SINTESI DI UNA VIA CRUCIS (2014-2016)

Dopo tanti sforzi, tante parole, tutto rischia di tornare al punto di partenza, se la nuova delibera sulla residenzialità psichiatrica dovesse rivelarsi una deludente fotocopia di quella vecchia. Siamo disfattisti?

Lungi da noi voler denigrare la Regione o offendere alcuna carica istituzionale, anzi, se ci sbagliassimo andremmo ben lieti, e in ogni dove, a scusarci e ringraziare, l’Assessore per primo. Ma provate a seguire questa stringata cronaca degli avvenimenti per comprendere il motivo delle nostre rinnovate preoccupazioni.

21 maggio 2014: a quattro giorni dalle elezioni regionali la Giunta Cota uscente, a firma dell’Assessore Cavallera, propone una DGR di riordino della residenzialità psichiatrica. Per fortuna quel provvedimento, tecnicamente troppo sbilanciato a favore di un modello para-ospedaliero, non trova corso, il PD vince le elezioni e ripromette quanto sostenuto in campagna elettorale: la nuova Giunta ascolterà tutti e proporrà una riforma più equilibrata e “progressista”

giugno 2015: iniziano a circolare bozze di una nuova DGR sulla psichiatria. Esplode un vespaio. La delibera è molto peggio della precedente e incassa  il parere contarlo di tutti: Dipartimenti di Salute Mentale, Associazioni di familiari e pazienti, ANCI, Enti Gestori profit e no profit. Tutti in modi simili sostengono che questo atto  rischi di cancellare gli ultimi venti anni di sperimentazioni piemontesi e scaraventare la psichiatria cinquanta anni indietro, per così dire all’epoca pre-Basaglia.

Si cerca la mediazione con la Regione ma si comincia a pensare a ricorere al Tar.

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DGR 30: Diagnosi e Politica

Breve elogio dell’Appropriatezza.

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E’ pensabile trovare Via Artom usando questa cartina di Torino del 1800?

Riuscirò mai a tradurre la parola araba  تعكس “riflettere” cercandola in un vocabolario Italiano-Cinese?

Patrimonio del buon senso e del pensiero scientifico è che per comprendere un evento si necessiti dei codici appropriati, utili a tentare di decifrarlo. Ahimè nella vita in generale, e nelle professioni PSI questo non accade  sovente. Continua a leggere DGR 30: Diagnosi e Politica

PERCHE’ CIVILI ABITAZIONI?

PERCHE’ CIVILI ABITAZIONI?

Dal presunto accreditamento al reale azzeramento 

di un dispositivo riabilitativo di provata efficacia

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Introduzione

La D.G.R. n. 30-1517 prodotta dalla Giunta Regionale del Piemonte nel luglio del 2015, come dimostreremo in seguito, di fatto estirpa la caratteristica principale dei Gruppi Appartamento, d’ora in poi denominati GA, ossia quella di essere delle civili abitazioni, normali case come quelle in cui chi scrive e chi legge vivono ed abitano. Contrariamente alle indicazioni della letteratura nazionale ed internazionale, e con interpretazioni dubbie e distorte di leggi e normative citate nella delibera, per ottenere accreditamento ed autorizzazioni i GA verrebbero resi simili più a strutture para-ospedaliere dal sapore manicomiale piuttosto che a “normali” case in cui poter prendersi cura di sé in un contesto pienamente immerso nella società civile.

La letteratura scientifica Nazionale ed Internazionale e le Normative

Perché è fondamentale per la cura e riabilitazione di un paziente psichiatrico la possibilità di sperimentarsi in una abitazione “normale” definita “civile abitazione” situata in un contesto cittadino in mezzo alle altre persone? I suggerimenti e le ricerche prodotte negli anni ci danno molti indizi a favore di ciò:

1) Piano d’Azione Nazionale per la Salute Mentale 2013

[..] Sono due i principi guida da applicare:

  1. privilegiare la metodologia di “partire dal basso”, valorizzando le buone pratiche esistenti a livello locale, oltre che regionale, favorendo il confronto, l’accreditamento tra pari e le forme di collaborazione
  2. assumere come cornice di riferimento la “psichiatria e neuropsichiatria infantile di comunità”, promuovendo e rilanciando il lavoro nel territorio.

Compito del DSM che assume la titolarità di un percorso di presa in carico, correlata ad una prassi

orientata alla continuità terapeutica, è garantire alcuni requisiti:

  • supporto complessivo in tutto il percorso del paziente (interventi territoriali, ospedalieri, di

emergenza/urgenza, residenziali e semiresidenziali – fra questi i GA- ndr).

2) Linee Guida Ministeriali per la Salute Mentale 2012 (linee di indirizzo nazionali per la salute mentale)

Punto D- sezione sostegno abitativo: residenzialità e domiciliarità si sostiene di “[..] riaffermare i principi espressi dal Progetto Obiettivo 1998-2000, le strutture residenziali devono essere differenziate in base all’intensità dell’assistenza e [..] deve essere centrale il progetto personalizzato incentivando, promuovendo il sostegno abitativo e case di piccole dimensioni[..]

Fra gli obiettivi conseguenti indicano le linee guida “la dimensione delle case, la loro struttura organizzativa e grado di protezione non possono essere definiti in modo rigido, devono essere invece elastici e ricchi di determinate opzioni[..] In questo senso vanno privilegiate strutture di civile abitazione[..]”

Fra gli indirizzi operativi punto 3: Vanno riconosciute, valorizzate e promosse tutte quelle esperienze che si possono indicare come sostegno abitativo, ovvero i gruppi appartamento[..]

3) Conferenza unificata Stato Regioni 2013

Nelle tabelle di sintesi indica fra i Percorsi di Cura, nell’ambito dei programmi innovativi di intervento da attivare anche le forme di residenzialità leggera, intendendo proprio i GA, e riprendendo le linee guida di cui sopra.

 4) Piano d’azione sulla salute mentale per l’Europa (Helsinki 2005)

[..]Nel ventunesimo secolo non c’è posto per trattamenti e cure inumane e degradanti nelle grandi istituzioni: un numero sempre crescente di paesi ha chiuso la maggior parte dei propri ospedali psichiatrici e sta attualmente realizzando efficaci servizi di comunità.

[..] – Fra le azioni individuate ndr – Sviluppare servizi di riabilitazione che mirino a migliorare l’inclusione delle persone nella società[..]

5) Libro Verde della Commissione Europea 2006

[..]Uno studio della Commissione, dal titolo Included in Society (società inclusiva) ha confermato che la sostituzione degli istituti con alternative a livello locale offre in genere possibilità di una migliore qualità di vita per le persone.

6) La legge 180 successivamente succinta nella legge 833/1978 e i successivi provvedimenti legislativi del settore le leggi 118/1971 e 517/1977 – centrate in prevalenza sulla scuola, l’handicap e l’integrazione scolastica ndre la L.104/1992 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.)

6.1) L.833/1978 – Art. 2 Obiettivi – punto g) la tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici.- Si apre la strada al concetto di inclusione sociale che verrà pienamente sviluppato e descritto negli anni a seguire fino ai giorni nostri ndr.

6.1.1) Art. 64 Norme transitorie per l’assistenza psichiatrica [..]La regione nell’ambito del piano sanitario regionale, disciplina il graduale superamento degli ospedali psichiatrici o neuropsichiatrici e la diversa utilizzazione, correlativamente al loro rendersi disponibili, delle strutture esistenti e di quelle in via di completamento[..] – Si apre la strada alle strutture intermedie e territoriali, fra cui anche i GA ndr –

7.2) L.104 05/02/1992

7.2.1) Art. 1 – Finalità 1. La Repubblica: a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata – sono inclusi i disabili psichici ndr – e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività[..]-Tornano i temi di inclusione sociale ed autonomia da ricercarsi nella società “normale”che trovano piena dichiarazione nell’articolo 5 punto m ndr –

7.2.2) Art.5 – Principi generali per i diritti della persona handicappata.

  1. m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l’attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

 8) La Dgr n.357–1370 del 28 gennaio1997 al capoverso Gruppi Appartamento

 [..]Nell’ambito del recepimento del progetto obiettivo “Tutela della salute mentale 1994/96” di cui al D.P.R. 7.4.1994, lett. D), comma 12, (Decreto peraltro successivo alla L.R. 61189) si ritiene sia indispensabile costituire Gruppi Appartamento (G.A.) quali soluzioni abitative per rispondere a specifiche esigenze di residenzialità assistita di tipo non asilare[..]

Ed ancora ndr– [..] I requisiti strutturali e tecnologici sono quelli dell’edilizia residenziale pubblica

e/o dell’edilizia convenzionata avendo cura che: – ogni paziente possa usufruire di un suo spazio; – gi appartamenti siano localizzati ai piani bassi per una facile accessibilità; – ogni stanza non abbia più di due posti letto.

Risulta evidente nell’unico vero riferimento normativo che descrive come devono essere i GA, che gli si attribuisce una caratteristica non istituzionalizzante, di piena normalità all’interno di contesti urbani. La riabilitazione, come abbiamo visto può e deve avvenire in mezzo alle persone normali e non entro confini rigidi di istituzioni simili ai vecchi manicomi. Tutte le indicazioni normative e scientifiche ante dgr 30 ci dicono in buona sostanza questo!

La D.G.R. n. 30-1517 con le sue incongruenze e passi indietro

La delibera di cui si va discutendo cancella il termine Gruppo Appartamento e fa confluire tutti quelli esistenti nella definizione S.R.P.3 (Struttura Residenziale Psichiatrica per interventi socio-riabilitativi, con differenti livelli di intensità assistenziale.) e li articola in tre tipologie. E’ chiaro il riferimento, peraltro dichiarato in modo esplicito, al modello AGENAS-GISM.

Fin qui poco male, anche se si sostituiscono alle parole GRUPPO e APPARTAMENTO, tipiche della normale partecipazione alla collettività, quelle di STRUTTURA RESIDENZIALE, tipica invece delle istituzioni simil-ospedaliere. Questa critica “culturale” rimarrebbe fine a se stessa se la delibera non procedesse ancora nella dimensione istituzionalizzante, come vedremo in seguito, proprio all’opposto di quello che leggi e studi scientifici ci dicono.

E le civili abitazioni?

A Pagina 32 dell’Allegato alla DGR 30 4. Requisiti specifici per l’esercizio e l’accreditamento

4.1 – Requisiti specifici per l’esercizio – Strutturali

[..]Tali strutture devono avere le seguenti caratteristiche:

Rispondere ai requisiti previsti per una civile abitazione ed essere in possesso dell’agibilità, nel rispetto di tutte le caratteristiche strutturali e tecnologiche dell’edilizia residenziale;

– Essere costituiti da un massimo di 2 nuclei abitativi, ogni camera non deve ospitare più di 2 posti letto e la struttura deve essere dotata di almeno un servizio igienico ogni 4 utenti (il servizio deve essere completo e accessibile ai soggetti disabili);

– Essere localizzati possibilmente ai piani bassi degli edifici; se collocate al primo piano devono essere raggiungibili con idonea attrezzatura, se collocate ai piani superiori devono essere raggiungibili con ascensore;

– Essere localizzati nel contesto residenziale urbano, in una strada a viabilità ordinaria, facilmente raggiungibile con i mezzi propri e comunque non inseriti all’interno di strutture residenziali sanitarie e/o sociosanitarie e/o socio-assistenziali;

– Prevedere uno spazio dedicato per colloqui e riunioni oltre che possedere i requisiti di adattabilità di cui all’art. 6 del D.M. n. 236/89 in termini di abbattimento delle barriere architettoniche;

– Prevedere, in caso di presenza del personale socio-sanitario superiore alle 7 ore giornaliere, la presenza di un locale ad esclusivo uso del personale;

– Disporre in struttura, oltre ai locali destinati ad uso letto, di un locale cucina ed un locale soggiorno o locale lettura usufruibile da tutti gli utenti, di dimensioni adeguate al numero di posti letto disponibili;

– Disporre di un sistema di rilevazione delle presenze per tutto il personale operante nella struttura

La dgr 30 va molto oltre la dgr 357 in merito ai requisiti strutturali e continua a definire civili abitazioni i GA o SRP3 ma introducendo elementi di separazione dal mondo e connotazione istituzionalizzante viepiù crescenti, come si può osservare se aggiungiamo ai requisiti specifici per l’esercizio e l’accreditamento delle SRP3 quelli trasversali a tutti i tipi di residenzialità ossia.

In particolare a pagina 9 del succitato allegato troviamo i:

5.1 Requisiti trasversali per l’autorizzazione all’esercizio -Strutturali e tecnologici

I requisiti strutturali e tecnologici per l’esercizio delle strutture sociosanitarie psichiatriche, anche in linea con quelli disciplinati dalla D.C.R. n. 616 – 3149 del 22 febbraio 2000, riguardano il possesso da parte dell’ente gestore dei seguenti requisiti:

– Titolo di godimento dell’immobile: il soggetto gestore è tenuto a dichiarare il titolo di godimento dell’immobile destinato all’attività, gli eventuali vincoli gravanti sullo stesso e la compatibilità dell’attività con eventuali vincoli esistenti sull’immobile stesso;

– Possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di:

o Agibilità;

o Protezione antisismica;

o Protezione antincendio;

o Protezione acustica;

o Sicurezza elettrica e continuità elettrica;

o Sicurezza anti infortunistica;

o Igiene dei luoghi di lavoro;

o Protezione dalle radiazioni ionizzanti;

o Smaltimento rifiuti;

o Condizioni microclimatiche;

o Impianti di distribuzione dei gas;

o Materiali esplodenti.

– Organizzazione e arredamento dei locali: rispetto delle condizioni igieniche, costruttive ed abitative necessarie per lo svolgimento dell’attività, arredamento dei locali in linea con i requisiti di razionalità, le condizioni d’uso e l’effettuazione manutenzione periodica;

– Organizzazione degli spazi pubblici e privati: organizzazione dei locali interni alla struttura in modo da permettere la vivibilità della struttura da parte di tutti gli utenti sia nei luoghi di condivisione che nei locali privati.

Ed ancora a pagina 12 e seguenti sono elencati i:

5.2 Requisiti trasversali per l’accreditamento –Strutturali

In linea con quanto stabilito dalla D.G.R. n. 63 – 12253 del 28 settembre 2009 i requisiti strutturali trasversali per l’accreditamento delle strutture residenziali psichiatriche (S.R.P.1 / S.R.P.2 e S.R.P.3) sono i seguenti:

– Avere una localizzazione idonea ad assicurare l’integrazione e la fruizione degli altri servizi del territorio;

– Rispondere ai requisiti previsti nella vigente normativa in ordine alla eliminazione delle barriere architettoniche;

– Svolgere un’attività di rete con gli altri servizi del territorio, in modo da favorire l’integrazione dei pazienti con la comunità locale;

– Essere localizzati preferibilmente nel cuore degli insediamenti abitativi o comunque in una soluzione idonea a garantire una vita di relazione, anche mediante l’utilizzo delle infrastrutture presenti sul territorio (es. piscine, cinema, ecc.), al fine di favorire il reinserimento sociale del paziente psichiatrico, una volta stabilizzato;

– Garantire la possibilità di raggiungere facilmente la struttura con l’uso dei mezzi pubblici e privati per garantire la continuità e la frequenza delle visite dei familiari e conoscenti;

– Prevedere una personalizzazione delle stanze con arredi di tipo non ospedaliero;

– Essere organizzati in modo da garantire l’assenza di ostacoli fisici (es. arredi o terminali degli impianti) negli spazi di transito che possono impedire agli utenti e agli operatori di potersi muovere in sicurezza, anche in caso di emergenza e/o pericolo;

– Essere organizzati in modo da limitare il più possibile i rischi derivanti da condotte pericolose messe in atto dai soggetti ospitati in momenti di crisi (es.: entrate/uscite sorvegliate, limitazione o controllo dell’accesso a locali e/o aree pericolose);

– Prevedere una segnaletica interna semplice, localizzata in punti ben visibili, chiara, con caratteri di dimensioni tali da poter essere letti anche da chi ha problemi di vista con un buon contrasto rispetto allo sfondo;

– Prevedere nell’ingresso della struttura la presenza di uno schema che spieghi in modo chiaro e semplice la distribuzione degli spazi della stessa;

– Garantire l’adeguamento alle norme previste dal testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 e D.Lgs. n. 106 del 3 Agosto 2009. Il possesso di tale requisito deve essere attestato nell’ambito di un’apposita relazione tecnica redatta da un professionista abilitato;

– Prevedere all’interno della struttura un sistema di rilevazione di presenza del personale.

In buona sostanza alcuni di questi requisiti all’esercizio ed all’accreditamento richiesti in modo trasversale ed in modo specifico per i GA/SRP3 dalla dgr 30 sono sacrosanti.

Altri fanno fare un balzo indietro alla cura dei pazienti psichiatrici di più di 40 anni e sono completamente insensati oltreché emanati mal interpretando norme e leggi esistenti ad altro riferite.

Fatta eccezione per la Delibera del Consiglio Regionale 28 gennaio 1997, n.357 –1370 che definiva i requisiti strutturali e tecnologici (si veda a pagina 2, punto 5 del presente documento), le aggiunte della Dgr 30 sono state mutuate intonse dalle normative relative a strutture ben più “pesanti” causando i danni di cui abbiamo già accennato.

Nella tabella che segue proveremo a dimostrare con chiarezza come questo sovra-accreditamento non giustificato ne necessario, produrrà l’immediata decadenza del concetto di civile abitazione e spingerà gli enti gestori e le ASL verso “strutture” che inevitabilmente assomiglieranno di più alle RSA o ai padiglioni ospedalieri che a “normali” case in cui ricevere aiuto.

In buona sostanza ci si allontana dall’inclusione sociale verso nuove (o molto vecchie) forme di isolamento ed esclusione. Tutto ciò a livello clinico produce aggravamento e cronicizzazione piuttosto che autonomia e riabilitazione, come detto in precedenza e riportato in tutte le fonti scientifiche citate e non.

Effettueremo un esame dei criteri strutturali per esercizio ed accreditamento prendendo in considerazione unicamente quelli che deformano il concetto di civile abitazione.

Il confronto terrà conto delle norme in merito all’edilizia civile e mostrerà la somiglianza che si vuol creare fra i “nuovi” GA e le Case di riposo o Istituzioni simili. Somiglianze che come detto stravolgono il senso inclusivo e destigmatizzante proprio della Legge Basaglia.

Requisiti trasversali per l’autorizzazione all’esercizio

Strutturali e tecnologici

Definizione
Protezione antisismica; Spesso confusa con la semplice agibilità/abitabilità, la protezione antisismica (Norme Tecniche per le Costruzioni, 2008) ha a che fare anche con la valutazione della sicurezza sismica di edifici esistenti, che comporta normalmente un grado di incertezza maggiore rispetto al caso di edifici di nuova costruzione. Strumenti ne sono l’indagine storico-critica, il rilievo sia geometrico che strutturale, la corretta caratterizzazione delle proprietà meccaniche dei materiali, la definizione di livelli di conoscenza e quindi dei fattori di confidenza conseguenti e la definizione delle sollecitazioni e nelle analisi strutturale idonee a cogliere i reali comportamenti degli edifici: Il tutto correlato alla appartenenza o meno a zone a rischio sismico diverse, individuate regione per regione.
Protezione dalle radiazioni ionizzanti Le radiazioni ionizzanti sono quelle radiazioni dotate di sufficiente energia da poter ionizzare gli atomi o le molecole con i quali vengono a interagire. Le professioni a maggior rischio di esposizione riguardano i settori:

  • sanitario: radiologi, radioterapisti, medici nucleari ecc.;
  • minerario: minatori;
  • militare: addetti alla sperimentazione di armi atomiche, personale a bordo di sommergibili atomici ecc.;
  • energetico: addetti alle centrali elettronucleari
Impianti di distribuzione dei gas Le norme si riferiscono in particolare agli impianti di distribuzione dei gas medicali ossia: “ogni medicinale costituito da una o più sostanze attive gassose miscelate o meno ad eccipienti gassosi”
Materiali esplodenti L’elenco degli esplosivi riconosciuti e classificati é suddiviso in cinque categorie: 1) Polveri e prodotti affini negli effetti esplodenti; 2) Dinamiti e prodotti affini negli effetti esplodenti; 3) Detonanti e prodotti affini negli effetti esplodenti; 4) Artifici e prodotti affini negli effetti esplodenti; 5) Munizioni di sicurezza e giocattoli pirici.

(D.M. 19 settembre 2002 n.272)

Condizioni microclimatiche; Ci si riferisce ai parametri termo-igrometrici, a quelli di aerazione, ventilazione, illuminazione naturale e artificiale.

Tab 1

Già nella tabella 1, ridotta per ragioni di spazio ed esibita a mo di esempio, si percepisce un Vulnus di sistema evidente. Quanto una civile abitazione (normale) è in linea con questi parametri? La risposta è ovvia, ma da articolare.

La Normativa presa come riferimento dalla DGR 30 è la D.C.R. 22 febbraio 2000, n. 616 – 3149 che a sua volta recepiva il D.P.R 14/01/1997 “atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private – Disposizioni di attuazione”.

Nel Decreto Presidenziale, così come nella DGR 616/2000, non si parla affatto dei Gruppi Appartamento, si può unicamente desumerne l’assimilazione ad altri tipi di strutture più “ospedaliere”. Che ciò avvenisse nel 1997 è comprensibile, nello stesso mese quell’anno in Piemonte sarebbe uscita la DGR 357 (si veda pg. 2, punto 5) che evidenziava la necessità di costruirli i Gruppi Appartamento, tracciandone solo alcune caratteristiche. Più meccanica l’adozione tout-court del legislatore che nel 2000 (D.C.R. 22/2000) e poi nel 2015 DGR 30 trasferisce in modo automatico i requisiti strutturali più tipici di un ospedale a quelli di una civile abitazione. Acritica trasduzione che oltretutto ignora anni di sperimentazione ed esistenza dei GA stessi. Si delinea già come i GA, pur essendo in una certa misura presidi sanitari, non possano derivarne per intero i criteri minimi di funzionamento.

Si è mai vista una civile abitazione che produce Raggi Gamma, Protossido di Azoto e Polvere Pirica? Continuando nella disamina di questo fenomeno, anche culturale, diverrà viepiù evidente questo movimento.

Requisiti trasversali per l’accreditamento Strutturali

I criteri che seguono sono desunti in modo diretto dalla D.G.R. n. 63/2009. Afferma la DGR 30: “In linea con quanto stabilito dalla D.G.R. n. 63 – 12253 del 28 settembre 2009 i requisiti strutturali trasversali per l’accreditamento delle strutture residenziali psichiatriche (S.R.P.1 / S.R.P.2 e S.R.P.3) sono i seguenti:”. Sembra di intendere che la delibera del 2009 parlasse dei GA, mentre in realtà li escludeva in modo univoco dalle procedure di accreditamento: “gli interventi alternativi al ricovero e all’inserimento in strutture residenziali psichiatriche, quali l’assistenza domiciliare, i gruppi appartamento e l’affido familiare, come disciplinati dalla D.C.R. n. 357-1370/1997, non rientrano tra le procedure di accreditamento di cui al presente atto ma sono oggetto di rapporti economici, gestionali ed organizzativi regolati sulla base di convenzioni stipulate tra le parti; – di rinviare altresì ad apposito provvedimento regionale la disciplina delle modalità autorizzative,di accreditamento e di vigilanza dei Gruppi Appartamento per pazienti psichiatrici, ad integrazione della D.C.R. n. 357-1370/1997, anche in conseguenza della sentenza del T.A.R. Piemonte n. 2531 del 27.4.2005 che ne ha sancito la possibilità di gestione sia da parte dei DD.SS.MM. che da parte soggetti terzi;[..]”

Mentre la delibera del 2009 rinviava ad ulteriori riflessioni per accreditare i GA (definiti poi dalla DGR 30 SRP3), quest’ultima invece trae in modo diretto i requisiti che la delibera precedente individuava per altri presidi ad esempio le Comunità protette di tipo A e di tipo B e le Strutture Residenziali e Semiresidenziali Socio Sanitarie per Pazienti Affetti da Patologie della Dipendenza con o senza L’uso di sostanze. Ecco un’altra trasduzione diretta ed inappropriata che non può che snaturare i GA e la loro caratteristica inclusiva di civile abitazione. Se si prendono a modello altre strutture più rigide e protette il danno è fatto. Vediamo come:

  • “Essere organizzati in modo da limitare il più possibile i rischi derivanti da condotte pericolose messe in atto dai soggetti ospitati in momenti di crisi (es.: entrate/uscite sorvegliate, limitazione o controllo dell’accesso a locali e/o aree pericolose)” Ha senso per un GA che di per sé deve essere una civile abitazione, come la stessa DGR 30 afferma (si veda pag 2), possedere aree sorvegliate? Il passo verso le posate di plastica, le sedie inchiodate a terra e la video sorveglianza, atti tipici delle situazioni di urgenza o paraospedaliere, è davvero breve. In un istante un istituto flessibile ed inclusivo (in linea con la letteratura e le buone pratiche) come il GA diventa ben altro.
  • “Prevedere una segnaletica interna semplice, localizzata in punti ben visibili, chiara, con caratteri di dimensioni tali da poter essere letti anche da chi ha problemi di vista con un buon contrasto rispetto allo sfondo”;
  • “Prevedere nell’ingresso della struttura la presenza di uno schema che spieghi in modo chiaro e semplice la distribuzione degli spazi della stessa”

Ancora queste sono situazioni che ricercheremmo in un pronto-soccorso o in un padiglione ospedaliero o comunque in un complesso comunitario esteso. In una casa “normale” con tre stanze un soggiorno ed un bagno ce n’è bisogno? O si rischia di comunicare agli ospiti che non stanno sperimentando un abitare autonomo “come gli altri”?

Sembra ancora una volta evidente come la trasduzione diretta di concetti paraospedalieri in contesti di normalità generi confusione ed esclusione sociale, non certo offra maggiori garanzie di efficacia della cura e tutela per i pazienti stessi, concetto cardine ed ultimo dell’accreditamento.

 Rispetto ai criteri che seguono, dovrebbero essere quelli più specifici e tipici di un GA, la DGR 30 si spinge oltre qualunque aspettativa e normativa eradicando in modo definitivo il concetto di civile abitazione con ciò che ne consegue come ampiamente detto in precedenza. Vediamo come:

 4. Requisiti specifici per l’esercizio e l’accreditamento

(4.1 – Requisiti specifici per l’esercizio – Strutturali)

 – Rispondere ai requisiti previsti per una civile abitazione ed essere in possesso dell’agibilità, nel rispetto di tutte le caratteristiche strutturali e tecnologiche dell’edilizia residenziale;

– Essere costituiti da un massimo di 2 nuclei abitativi, ogni camera non deve ospitare più di 2 posti letto e la struttura deve essere dotata di almeno un servizio igienico ogni 4 utenti (il servizio deve essere completo e accessibile ai soggetti disabili);

– Essere localizzati possibilmente ai piani bassi degli edifici; se collocate al primo piano devono essere raggiungibili con idonea attrezzatura, se collocate ai piani superiori devono essere raggiungibili con ascensore;

Prosegue indefessa la linea che abbiamo già visto, ossia non trattare il teme dei GA ma mutuarne i requisiti in modo diretto da norme ad altro riferite (handicap, anziani disabili fisici)

Come è possibile far riferimento alle norme per le civili abitazioni e poi disattenderle?

In tema di edilizia civile afferma il D.M. n. 236/89 art3-3.2-b: “Negli edifici residenziali con non più di tre livelli fuori terra è consentita la deroga all’istallazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala, purché sia assicurata la possibilità della loro istallazione in un tempo successivo. L’ascensore va comunque istallato in tutti i casi in cui l’accesso alla più alta unità immobiliare è posto oltre il terzo livello, ivi compresi eventuali livelli interrati e/o porticati.”

Perché richiedere l’istallazione dell’ascensore oltre al primo piano? Che idea si ha dei disabili psichici? Quasi sempre sono persone in grado di muoversi “normalmente” la percentuale di pazienti che ha limitazioni fisiche è risibile.

– Prevedere, in caso di presenza del personale socio-sanitario superiore alle 7 ore giornaliere, la presenza di un locale ad esclusivo uso del personale;

– Disporre di un sistema di rilevazione delle presenze per tutto il personale operante nella struttura

Ancora ritroviamo la solita trasduzione da norme relative a presidi sanitari “pesanti” che nulla hanno a che vedere con una civile abitazione (si veda sopra pagina 6). Perché mai uno spazio esclusivo per il personale e magari anche un servizio igienico in una civile abitazione? Nelle nostre case non abbiamo uno spazio apposito per il medico di base che viene a vistarci.

Già viste le situazioni degli operatori chiusi e “distanti” nel proprio spazio esclusivo (nel senso di esclusione) all’interno della casa che un paziente dovrebbe sentire “quasi” come propria.

Conclusioni

La legge 180/78, comunemente conosciuta come Legge Basaglia e tutt’ora vigente, è considerata unanimemente a livello internazionale un punto di riferimento cui tendere.

Considerato che i manicomi esistono ancora in tutto il mondo, molti legislatori stranieri, recentemente persino negli USA, stanno cercando di esportarla.

Il tratto distintivo di questa legge possiamo considerarlo l’inclusione sociale.

I malati psichici vanno curati come gli altri malati ossia sul territorio. Ospedali e strutture territoriali a livelli di intensità diversa hanno preso il posto di un istituzione chiusa e globale come il manicomio. Sfortunatamente tale legge non ha trovato ancora una sua piena attuazione se non nell’ultimo decennio, in particolar modo grazie a dispositivi terapeutico-riabilitativi fra cui anche i GA.

Ahinoi però il pensiero istituzionalizzante non è mai morto del tutto, e ciclicamente si ripresenta sotto mentite spoglie, per lo più per ragioni economiche ma sovente anche in azioni definite “nell’interesse dei pazienti”.

Le Regioni italiane che hanno adottato dispositivi simili alla Dgr 30, per fortuna poche, hanno visto disgregarsi il sistema a rete in cui i Servizi pubblici devono mantenere una governance significativa.

Ambulatori ridotti a dispensari di farmaci, grandi comunità con GA satelliti spesso situati nelle strette vicinanze, infermieri, psicologi e psichiatri ridotti al ruolo di mera badanza e controllo sociale.

In queste poche pagine ci siamo soffermati unicamente sul concetto di civile abitazione, per noi assai esemplificativo dell’intero movimento all’indietro in atto in Piemonte, ben altre sono le norme discutibili e falsate nella dgr in oggetto.

Se questa delibera troverà la sua piena applicazione, vedremo in Regione sorgere come funghi i minicomi e sparire il lavoro territoriale, spesso sperimentale ed all’avanguardia.

Stando ai requisiti di cui abbiamo ampiamente discusso, solo nuove costruzioni o peggio ancora strutture già esistenti ma vuote, nate per altro scopo (ad esempio i disabili fisici o gli anziani) potranno dirsi pienamente accreditabili o autorizzabili.

E’ questo il futuro che vogliamo?

 

LA DGR 30 MANICOMIUM, il TAVOLO ED I SETTE PECCATI CAPITALI

La dgr 30 Manicomiun il tavolo ed i sette peccati capitali

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In seguito alla pubblicazione della Deliberazione della Giunta Regionale 3 giugno 2015, n. 30-1517 con oggetto il riordino della rete dei servizi residenziali della Psichiatria a firma congiunta degli Assessori Ferrari e Saitta, si è scatenato un vespaio di proteste.

A seguito di ciò martedì 16 giugno 2015 è’ stata chiesta una sessione straordinaria del Consiglio Regionale dai  Consiglieri dell’opposizione Porchietto, Vignale, Andrissi, Bertola, Marrone, Bono, Graglia, Campo, Batzella, Gancia,Valetti, Berutti, Mighetti, Frediani, Ruffino.

Alcuni dei succitati consiglieri hanno proposto alcune iniziative.

Bocciate le proposte di questi ultimi è stato approvato l’ Ordine del giorno n. 409 “Percorso di attuazione della Delibera di riordino della psichiatria” presentato dai Consiglieri Ravetti , Rossi, Caputo, Rostagno, Barazzotto, Ottria, Motta, Conticelli, Boeti, Gallo, Ferrentino, Appiano.

Fra gli intenti di questo atto la creazione di un Tavolo permanente “chiamato a lavorare per dare attuazione e migliorare la DGR” Parole dell’Assessore Saitta.

PECCATO CHE

  1. Questo tavolo è un contentino e basta. La delibera va avanti. I tavoli di concertazione con le parti sociali si fanno prima, non dopo aver legiferato. I tempi dei tavoli sono lunghi, e la delibera comincerà a far danno fra pochi mesi;
  2. Tutte le parti sociali hanno espresso critiche di ogni forma e misura. Dai Pazienti alle Associazioni di Familiari, dall’ANCI ai Sindacati, dagli Operatori di base agli Enti Gestori (profit e no profit), dai DSM agli Ordini Professionali, Associazioni di categoria, dall’opposizione a diversi esponenti della maggioranza;
  3. Ad oggi almeno sette ricorsi al TAR sono in fase di presentazione, mostrando l’inconsistenza politica di un dirigismo così spinto;
  4. Continuino quelle che a me sembrano velate, arroganti ed indegne offese rivolte dall’Assessore ai DSM che hanno sprecato soldi, agli Enti Gestori che hanno solo i loro interessi, ai lavoratori che brontolano senza rassegnarsi a starsene a casa e basta;
  5. Si parli dell’interesse dei pazienti quando semplicemente si vuole scaricare un costo sanitario sul sociale senza prevedere alcuna copertura economica;
  6. Che in campagna elettorale il PD avesse espresso posizioni opposte a quelle di questa delibera Manicomium
  7. Che io abbia sostenuto con forza il presidente Chiamparino – mi risulta che l’Assessore Saitta non abbia partecipato alla campagna elettorale-, e che adesso con il cuore che mi si stringe, quasi me ne vergogno e sia costretto a scrivere queste riflessioni amare.

 

La Psichiatria Cassandra ed il Punto di Non Ritorno

 La Psichiatria Cassandra ed il Punto di non Ritorno

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Figlia di Ecuba e Priamo il re di Troia, Cassandra visse come sacerdotessa nel tempio del Dio Apollo, che le donò la facoltà della preveggenza, ma essendoglisi lei rifiutata, fece sì che nessuno le credesse.

Sacerdotessa vergine prima, schiava di guerra poi, a Troia cercò di dissuadere i concittadini dal portare in città il cavallo di legno, avvertendoli che esso avrebbe causato la loro rovina; ma nessuno le prestò ascolto.

La immagino osservare l’avanzare lento del mastodontico animale metro per metro, i buoi frustati per farlo muovere verso la porta di Troia, la polvere che saturava l’aria, la folla festante.

Cosa avrà pensato quando la scultura era a pochi metri dall’ingresso? Amarezza, sconforto, rassegnazione, dolore, rabbia con se stessa?

Il 2 Luglio 2015 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale “3 giugno 2015, n. 30-1517” con oggetto il riordino della rete dei servizi residenziali della Psichiatria.

Tale atto della Giunta, nonostante il parere contarlo di tutti (DSM, Associazioni di familiari e pazienti, ANCI, Enti Gestori profit e no profit) rischia di cancellare gli ultimi venti anni di sperimentazioni piemontesi e scaraventare la psichiatria cinquanta anni indietro, per così dire all’epoca pre-Basaglia.

I Gruppi Appartamento e persino alcune Comunità cesseranno di fatto di esistere, ridotti a presidi assistenziali e scaricati sul budget dei Comuni o dei pazienti e delle loro famiglie.

Molti operatori perderanno il posto di lavoro, psicologi e non.

Ma siamo già al punto di non ritorno. Già il cavallo ha fatto il suo ingresso nelle mura della Città?

La DGR distruggerà il sistema prima delle pronunce del Tar o prima che la stessa venga modificata (sempre che lo si faccia)?

Una volta che gli achei entrano in Troia non si torna indietro, distrutta la città ci vorranno secoli per ricostruirla, o millenni per ritrovarne le rovine sepolte.

Come Cassandra mi sento.

Sento l’odore acre di sudore degli achei nascosti nel ventre dell’animale, il tintinnio delle spade che si preparano a tagliare e togliere vita, l’odore dei tetti della città i fiamme.

Mi dicono i colleghi, sbagli, esageri, sei troppo pessimista.

Questa delibera è talmente folle che vedrai qualcosa succederà.

Come Cassandra penso. E spero di sbagliare, di esagerare, di essere visionario e basta, di non aver capito bene. Amerei sbagliare. Lo bramo.

Ma come Cassandra mi penso. Dismessi gli appartamenti, spostati i pazienti, licenziati i collaboratori, edificati o rinforzati i minicomi, indietro non si torna.

Siamo oltre al punto di non ritorno, il cavallo è nelle mura. Troia è in fiamme.

E Così Ha Inizio – Descrizione laica e sintetica di cosa sta succedendo e succederà

E Così Ha Inizio

Descrizione laica e sintetica di cosa sta succedendo e succederà alla assistenza

residenziale rivolta ai pazienti psichiatrici in Piemonte dal punto di vista dei gestori.

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PREMESSA

Il 2 Luglio 2015 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale 3 giugno 2015, n. 30-1517 con oggetto il riordino della rete dei servizi residenziali della Psichiatria.

La delibera di giunta D.G.R. porta la firma congiunta degli Assessori Ferrari e Saitta, rispettivamente Assessore alle Politiche sociali, della famiglia e della casa e Assessore alla Sanità, Livelli essenziali di assistenza, Edilizia sanitaria. Questi due signori qui.

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Il provvedimento di cui sopra inserisce d’autorità tutte le strutture classificate come gruppi appartamento secondo la DCR 357, nella categoria SRP3 secondo il modello Agenas-Gism: ovvero le considera tutte come strutture prive di una funzione terapeutica-riabilitativa, che possono garantire solo interventi di taglio assistenziale a bassa intensità, per pazienti con patologie lievi, croniche e stabilizzate.

“[..] le Comunità Protette di tipo A e B confluiranno rispettivamente in S.R.P.1 ed in S.R.P.2, recependo il sistema di classificazione degli utenti definito con il presente provvedimento. I Gruppi Appartamento e le Comunità Alloggio, invece, convergeranno nelle strutture S.R.P.3”

E’ banale che questa interpretazione rigida delle norme costituisca un grave errore.

Come abbiamo già detto altrove viene minato un sistema in cui i Gruppi Appartamento hanno svolto e documentato ben altra funzione.

Nelle aree metropolitane è stato difficile reperire locali adatti a rispettare i rigidi requisiti strutturali previsti per le Comunità protette di tipo A e B a costi sostenibili. Quei luoghi che dovevano essere terapeutici e riabilitativi. Nel La DCR 357 del 1997, conferiva un mandato terapeutico solo a CPA e CPB, prevedendo caratteristiche strutturali analoghe a quelle delle RAF: utili per anziani e disabili, ma superflue, se non controproducenti, per i pazienti psichiatrici. Di conseguenza le comunità protette hanno sviluppato quasi tutte caratteristiche strutturali “pesanti”: massimo dei posti letto previsti (20), per lo più in grandi stabili indipendenti, posti in aree periferiche o rurali, o addirittura dentro complessi di tipo para-ospedaliero, contigue ad altre strutture sanitarie.

Come è possibile sostenere che sia la pesantezza strutturale, di tipo para-ospedaliero, a conferire una funzione terapeutica alle comunità? Dalla legge 180 in poi, e alla luce di tutta la letteratura internazionale, nessuno può seriamente sostenere che per riabilitare i pazienti psichiatrici serva l’ospedale o strutture che dell’ospedale riproducono la logica ambientale e organizzativa. Infatti le CPA e CPB più serie ed efficaci, nonostante i criteri della 357, fanno di tutto per non sembrare e non funzionare come ospedali in miniatura.

Pensare a funzioni terapeutico-riabilitative in normali alloggi di civile abitazione, per gruppi di pazienti inferiori a venti, un azzardo? Viola qualche normativa ? E’ una “follia” piemontese?

Ovviamente no. Basta dare un’occhiata alle normative di altre Regioni importanti: in Lombardia, Lazio, Toscana, possono avere caratteristiche di civile abitazione anche strutture ad elevata e intermedia intensità terapeutica (SRP1 e 2) a totale carico della sanità, fino a dieci posti. In Emilia Romagna, Veneto e Puglia sono accreditate come SRP1 e 2 strutture di civile abitazione anche oltre i dieci posti; vengono solo richiesti alcuni requisiti strutturali aggiuntivi di buon senso (numero minimo di metri quadri per stanza, almeno un bagno, anche non attrezzato per disabili, ogni 4 posti e poco altro). Non si chiamano gruppi appartamento, ma hanno gli stessi standard funzionali e di personale di alcuni gruppi appartamento piemontesi operanti da anni.

COSA ACCADE ADESSO?

Per chi gestisce i gruppi appartamento adesso la DGR è chiara:

“[..] i Gruppi Appartamento che al 31/12/2014 potevano vantare rapporti in essere dimostrabili con i D.S.M. piemontesi (contratti di inserimento, convenzioni con indicazione dell’ubicazione), dovranno adeguarsi a quanto di seguito disciplinato. In tale fase è prevista, nei primi 5 mesi, una rivalutazione dei pazienti presenti nelle strutture, volta a verificare l’appropriatezza degli inserimenti; laddove vi sia incoerenza tra livelli di assistenza erogati e necessità assistenziali del paziente, il D.S.M. inserente entro un anno dall’entrata in vigore del presente provvedimento dovrà ricollocare lo stesso in struttura idonea (S.R.P.1, S.R.P.2 e S.R.P.3.). Inoltre, nella fase transitoria, le strutture aventi diritto, se in linea con i requisiti soggettivi, organizzativi, gestionali e strutturali, dovranno presentare istanza di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento“.

Noi gestori dobbiamo far richiesta di autorizzazione ed accreditamento all’ASL, dichiarandoci come SRP3 in ottemperanza a criteri che la regione indica chiaramente. Criteri strutturali e funzionali, organizzativi e di personale.

E qui cominciano i problemi:

  1.  Molti dei pazienti che ospitiamo non rientreranno nelle caratteristiche delle nuove SRP3, che fino ad oggi hanno svolto anche funzione terapeutico-riabilitativa (le nuove SRP1 e 2)
  2. I criteri strutturali, quasi folli, sono difficilmente soddisfabili. Quelle che sono state civili abitazioni, terapeutiche in quanto il paziente stava nel mondo reale in contesti “normali” ed urbani, oggi dovrebbero diventare dei miniospedali rispondendo ad esempio ai seguenti requisiti “[..]Possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di
    • Agibilità;
    • Protezione antisismica;
    • Protezione antincendio;
    • Protezione acustica;
    • Sicurezza elettrica e continuità elettrica;
    • Sicurezza anti infortunistica; o Igiene dei luoghi di lavoro;
    • Protezione dalle radiazioni ionizzanti;
    • Smaltimento rifiuti;
    • Condizioni microclimatiche;
    • Impianti di distribuzione dei gas;
    • Materiali esplodenti.

ed ancora

  • Avere una localizzazione idonea ad assicurare l’integrazione e la fruizione degli altri servizi del territorio;
  • Rispondere ai requisiti previsti nella vigente normativa in ordine alla eliminazione delle barriere architettoniche;
  • Svolgere un’attività di rete con gli altri servizi del territorio, in modo da favorire l’integrazione dei pazienti con la comunità locale;
  • Essere localizzati preferibilmente nel cuore degli insediamenti abitativi o comunque in una soluzione idonea a garantire una vita di relazione, anche mediante l’utilizzo delle infrastrutture presenti sul territorio (es. piscine, cinema, ecc.), al fine di favorire il reinserimento sociale del paziente psichiatrico, una volta stabilizzato;
  • Garantire la possibilità di raggiungere facilmente la struttura con l’uso dei mezzi pubblici e privati per garantire la continuità e la frequenza delle visite dei familiari e conoscenti; Prevedere una personalizzazione delle stanze con arredi di tipo non ospedaliero;
  • Essere organizzati in modo da garantire l’assenza di ostacoli fisici (es. arredi o terminali degli impianti) negli spazi di transito che possono impedire agli utenti e agli operatori di potersi muovere in sicurezza, anche in caso di emergenza e/o pericolo;
  • Essere organizzati in modo da limitare il più possibile i rischi derivanti da condotte pericolose messe in atto dai soggetti ospitati in momenti di crisi (es.: entrate/uscite sorvegliate, limitazione o controllo dell’accesso a locali e/o aree pericolose);
  • Prevedere una segnaletica interna semplice, localizzata in punti ben visibili, chiara, con caratteri di dimensioni tali da poter essere letti anche da chi ha problemi di vista con un buon contrasto rispetto allo sfondo;
  • Prevedere nell’ingresso della struttura la presenza di uno schema che spieghi in modo chiaro e semplice la distribuzione degli spazi della stessa;
  • Garantire l’adeguamento alle norme previste dal testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 e D.Lgs. n. 106 del 3 Agosto 2009. Il possesso di tale requisito deve essere attestato nell’ambito di un’apposita relazione tecnica redatta da un professionista abilitato;
  • Prevedere all’interno della struttura un sistema di rilevazione di presenza del personale.

Ovvio che alcuni di questi requisiti sono sacrosanti, ma quale civile abitazione può vantarli??

Leggendo fra le righe si capisce bene come il modello Istituzionale e manicomiale si ripresenta vestito a festa.

3. Anche i requisiti di personale verranno radicalmente stravolti e tutte quelle figure con cui abbiamo collaborato dovremmo lasciarle a casa.

Insomma noi gestori dovremmo chiedere di essere autorizzati e poi accreditati per un sistema nel quale non potremmo reggere, senza andare in forte perdita di esercizio. Mettere a norma gli alloggi civili è costosissimo e spesso impossibile con questi criteri.

E le rette? Ovviamente essendo una prestazione che diventa ultrasoft e a carico dei Comuni o dei pazienti stessi, le rette sono ridicole, non permettono di lavorare. l’alternativa è un economia di scala, cioè grandi strutture minicomiali, con gruppi appartamento satellitari con poco personale a cavallo fra tutti i tre tipi di strutture.

Altro dettaglio i Comuni non hanno soldi e sono pessimi pagatori (loro malgrado) a volte pagano anche dopo un anno. Questo vuol dire che il gestore deve appoggiarsi alle banche e pagare interessi salati.

Ancora una volta solo grandi gruppi Bussiness-centrici possono permettersi di sopravvivere.

IN CONCLUSIONE

Noi gestori dovremmo “restituire” i pazienti alle ASL, che se operano in onestà e correttezza, seguendo le indicazioni regionali, dovrebbero a loro volta dirci, in fase di rivalutazione, che i pazienti stessi non sono da SPR3Ai posteri.

Le “comunità” o le entità che nasceranno si popoleranno ma non basteranno quei posti a soddisfare i bisogni creati.

Forse allora il “nemico” mostrerà il suo vero volto.

Ai posteri

Perchè è Nostro Dovere

Perchè è Nostro Dovere

Psicologi e Psicoterapeuti fra Residenzialità Illusioni e Società Civile

 

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Nei primi giorni del Giugno 2015 la nuova Giunta che governa la Regione Piemonte ha approvato una delibera sul riordino della assistenza ai malati psichici, centrata sul tema della Residenzialità.

Questo atto “dovrebbe” portare ordine nelle strutture che accolgono i pazienti psichiatrici, le comunità protette (ex CPA e CPB) le comunità alloggio ed i Gruppi Appartamento.

Il testo della delibera è circolato in modo informale, ad oggi (fine Giugno) non è ancora stato pubblicato nell’apposito bollettino.

Le reazioni sono state unanimi, dal Servizio Pubblico alle Associazioni di parenti e pazienti, dal privato sociale al privato profit,  dai pazienti agli operatori: tutti e sottolineo tutti si sono preoccupati e sono rimasti allibiti per usare un eufemismo.

La Giunta, senza seguire l’iter democratico previsto dalla legge (passaggio in Commissione Sanità e voto in Consiglio Regionale) e senza coinvolgere le parti sociali, ha approvato una delibera che di fatto rischia di cancellare gli ultimi venti anni di sperimentazioni Piemontesi e scaraventare la psichiatria di cinquanta anni indietro. I Gruppi Appartamento e persino alcune Comunità per come le conosciamo cesserebbero di fatto di esistere.

Le spiegazioni fornite sono pretestuose e consistono in interpretazioni opinabili ed univoche di normative nazionali che al fondo a ben vedere contengono un unico razionale (a meno di cercare altre verità peggiori): l’imperativo è uno solo e si diffonde dal Cuneese al Canavese “risparmiare e risparmieremo!!”

Nel pieno attuarsi della suddetta DGR la categoria professionale degli psicologi, ma si potrebbero aggiungere anche gli educatori, verrebbe profondamente colpita.

Ma perchè è nostro dovere come comunità professionale occuparci della vicenda? “Solo” per questione di soldi (lavoro) o c’è anche dell’altro?

Proveremo ad ipotizzare alcuni scenari e possibili risposte partendo da alcuni punti di repere oramai irrinunciabili.

LA QUESTIONE LAVORO

Si può senza dubbio affermare che negli ultimi vent’anni lo psicologo, al di là del suo inquadramento amministrativo, ha profusamente abitato la psichiatria ed in particolare la residenzialità. Una stima approssimativa indica che oggi circa duemila colleghi lavorano in strutture residenziali, siano esse comunità o gruppi appartamento.

Migliaia di giovani colleghi hanno imparato, sofferto e profuso molte energie a contatto con la follia entro contesti residenziali con regime di protezione variabile.

“Facendo l’educatore” per poi diventare un grande analista o psicoterapeuta e/o supervisore, ci siamo ingaggiati, talvolta con vergogna (“devo pagare la scuola”), in un campo che abbiamo in realtà contribuito a ridefinire in modo significativo.

Spesso sfruttati, noi neo-precari, abbiamo, insieme agli educatori (quasi sempre trattati meglio dal punto di vista economico), di fatto costituito le fondamenta della cura\riabilitazione Piemontese.

Del senso che questo può aver avuto, diremo poi, qui ci limitiamo ad evidenziare un fenomeno strano, surreale e quasi innaturale.

Se in Piemonte un azienda con cento operai chiude (ed è un dramma) e cento famiglie hanno problemi a tirare avanti, i Sindaci scendono in piazza con tanto di fascia tricolore. Ben venga che la politica sia presente nel suo alveo naturale, la società, ma se duemila psicologi restano a casa?

Beh che volete? Lo psicologo deve fare altro, quella roba lì non è da psicologi. E via dicendo con le più svariate metafore e paragoni. Ne prendo uno, il più sentito, quello che alcuni colleghi stessi condividono, quello più fuorviante e che se esaminato con attenzione ci porta nella seconda questione.

“I medici devono fare i medici, il resto lo devono fare gli infermieri!” Sotteso il pensiero che gli psicologi corrispondano ai medici e gli educatori o altre figure – scegliete voi fra le molte possibili – agli infermieri.

Mai metafora fu più fuorviante, oltre che essere radicalmente inutile  svilisce alcune professionalità riproponendo fra le righe un concetto di lotta di classe.

Gli psicologi, laureati e specializzati, sono più ricchi e tutelati, faranno i soldi e devono lasciare ai “più poveri” e “meno competenti” educatori quel tipo di impiego.

Vedremmo guardando bene che nella realtà di oggi i ruoli sono più che rovesciati.

Comunque arriviamo al punto successivo affrontando le ragioni di senso ed opportunità che delibere a parte, giustifichino la presenza nel quotidiano degli psicologi nell’ambito di cui ci stiamo occupando.

LA QUESTIONE QUALITA’

Che contributo può portare un collega lavorando in un gruppo appartamento? Se fa la spesa, il bucato ed aiuta i pazienti a far da mangiare fa il lavoro di un altro? Vivendo la quotidianità, spesso faticosa, con i pazienti si appropria di un ruolo non suo oppure no?

Detta pane e salame: tira a campare per pagarsi l’affitto, il mutuo, la scuola di specializzazione ed i pannolini della figlia o c’è anche dell’altro?

Questa domanda ha una portata assai ampia e ci interroga direttamente su cosa sia oggi fare lo psicologo, si può rispondervi in due modi: il primo è dire sì e tanti saluti, il secondo è provare ad articolare un ragionamento che non può che confluire nel sociale e nella società, come vedremo in seguito.

Dopo un silenzio assordante l’Ordine degli Psicologi della Regione Piemonte ha finalmente deciso, senza imbarazzi retrò, di occuparsi direttamente della vicenda. Sono stati prodotti documenti, anche discordanti, cui si rimanda per approfondire la questione.

Fra gli altri questo:

http://www.psicopoint.com/la-volpe-e-la-mela-considerazioni-sulla-presenza-degli-psicologi-nei-gruppi-appartamento/

Non volendo farne un sunto preferiamo richiamare qui alcune illusioni prototipiche vissute dai giovani colleghi che ormai hanno quasi quarant’anni.

“Lavorerò in psichiatria finche non riesco a fare altro”, “la psicoterapia è un altra cosa”, ” non vedo l’ora di occuparmi solo di pazienti privati”, “voglio fare il supervisore o il coordinatore”, “faccio il volontario per anni in ASL poi appena c’è un concorso verrò assunto”.

Basterebbe un occhiata ai numeri e due riflessioni sull’acquisizione di competenze per sfatare questi mitemi, tutti originati da bias di sistema di ordine storico ed epistemologico di cui parleremo più avanti.

In Piemonte c’è uno psicologo ogni settecento abitanti, i dati tedeschi paragonabili ci parlano di uno ogni cinquemila. In Piemonte presto saremo in settemila.

La matematica ci dice chiaro che le suddette illusioni sono tali a meno di svendere la professione, cosa che sta capitando (sedute a prezzi stracciati, fatture virtuali, cioè mai emesse e tanto altro); viceversa i competitor sono troppi e tanti. In buona sostanza non si può competere con i terapeuti più conosciuti, che hanno tariffe più alte, a meno di compiere nefandezze come quelle su accennate. Se un giovane terapeuta ha dieci pazienti stabili può dirsi fortunato, questo numero possiamo assumerlo come riferimento di mercato, sotto questa cifra si lavora quasi in perdita, sempre ripetiamo facendo fattura e praticando tariffe sensate, usanze ahimè in declino.

Nel pubblico gli psicologi non vengono più assunti anzi, ancora una volta basta osservare i dati, invito i lettori a procuraseli non citandoli di proposito, per capire come siamo “visti” dal Sociale.

Se in un ospedale dimezzassero i medici o gli infermieri sono certo che dovrebbe chiudere.

Ed ancora come si fa ad acquisire competenze supervisorie, di coordinamento, od anche solo psicoterapiche con i cosìddetti pazienti nevrotici se prima non ci si confronta con patologie severe vedendone in gran numero?

Ciò che ha sorretto questa forma-pensiero illusoria è un insieme di fattori, alcuni culturali, altri di mercato. Vediamone a titolo di esempio solo tre:

  • la sopravvalutazione del mondo interno e del sentire a scapito del pensare e pensarsi immersi in una cultura storicizzata appartenente ad una società. Figli inconsapevoli dei modelli analitici o delle contro-reazioni ad essi (ad esempio la terapia della Gestalt ma vale anche per altri “modelli”) abbiamo continuato a pensare che la psicoterapia avesse alcuni oggetti ed un solo “vero” luogo dove poteva realizzarsi: lo studio, le sedie disposte in un certo modo, il divano ed alcuni pazienti “chimera” molto ricchi che ormai non esistono quasi più. Poveri noi…
  • la conseguente centratura sul dentro che ci ha fatto completamente ignorare il fuori. Il mondo cambiava e noi No. Abbiamo continuato con un certo snobismo intellettuale a sottovalutare i cambiamenti sociali, disinteressandocene e nel peggiore dei casi giudicando spazzatura tutto ciò che stava fuori dalle stanze degli analisti/terapeuti che ci hanno “curato” e cui noi tendevamo a somigliare. Questo in parte spiega la vergogna a dirsi “facente funzione educatore”
  • il cane che si mangia la coda. Lo psicologo che in primis è mercato di se stesso. A dispetto del mondo reale le scuole di specializzazione, cui anelavamo per fare quanto sopra, hanno continuato a sfornare terapeuti, poi fare master, poi a formare i counselor e via dicendo. Siamo stati noi l’oggetto del nostro stesso mercato. Giovani psicologi oggetto-mercato di psicologi meno giovani. Questo in economia porta inevitabilmente ad un default, ed infatti ci siamo arrivati. Le scuole vedono drastici cali dell’affluenza ed a maggior ragione alcune sostengono ufficiosamente “Ahh se non avessimo i counselor dovremmo chiudere”. E chiudete chissene!

Come possiamo “reagire” a questo stato di fatto? Come possiamo ingaggiarci con il sociale sincronizzandoci finalmente con la realtà. Perchè è un nostro preciso dovere farlo?

Veniamo alla questione etica.

LA QUESTIONE ETICA

Ormai etica per noi ha solo un significato: efficacia ed impegno sociale quindi politico nel senso nobile del termine.

A costo di sentirci dare degli eretici, non possiamo pensare ad altro che non sia una continua valutazione del proprio operato. Pensate alle analisi interminabili che facciamo dove spesso giudice giuria e accusato coincidono. Pensate a quanto poco ci siamo spesi per dimostrare l’utilità sociale dei nostri saperi indipendentemente da dove essi vengano applicati.

Pensate allo iato esistente fra clinica ed Università. Se l’Università di medicina scoprisse un nuovo antibiotico, ai medici verrebbe naturale interessarsene. Per noi talvolta la Facoltà di Psicologia è poco più che un parcheggio strapieno.

Solo un ideologia è bastante a se stessa, qualunque forma di pensiero scientifico specie se con un mandato sanitario prevede un ingaggio con una qualsivoglia forma di valutazione.

Ditemi se vi è mai capitato di trovarvi ingaggiati a dimostrare l’utilità del vostro operato al di là della buona fede, delle sensazioni o della relazione con i pazienti privati.

Questo proiettato nel lavoro con le Istituzioni intese a risparmiare e pretendere qualità in base a determinati standard diventa assai complicato e cogente.

Ne consegue che se lavoriamo su temi di ampia portata e che prevedono un forte embricamento con il sociale e con le seguenti riflessioni legislativo-normative diventa impossibile esimerci dal prendere delle posizioni politiche, nel senso più alto del termine.

Quando anni or sono abbiamo deciso di “far politica”, – qualunque azione nel sociale di fatto è anche una azione politica – molti colleghi anche esperti, ci hanno chiaramente detto “non esponetevi troppo”, “continuate a fare solo i clinici”. Ci abbiamo riflettuto molto ma ci siamo veramente sentiti di far clinica specie nei momenti in cui abbiamo cominciato a frequentare i luoghi dei decisori, cercando di impedire o favorire alcuni processi che clinicamente avrebbero avuto conseguenze, funeste o meno.

Che differenza con l’analista nel mito, astinente, lontano dai riflettori, rinchiuso nel suo studio che ne dite?

ED INFINE

In questa ottica ci sembra irrinunciabile provare a fare qualcosa, e cominciare a considerare parte fondante del nostro sapere una vera, autentica, al limite ingenua “partecipazione” alla res politica.

Siamo immersi nel sociale ne veniamo influenzati ed in certa misura lo influenziamo, è bene dismettere la farsa della neutralità.

Anche i nostri “pazienti privati” che ci vedono sui giornali, sembrano averlo capito bene.

Queste valutazioni ovviamente sono provvisorie, in attesa che una qualche forma di ricerca indaghi l’efficacia della psicoterapia condotta da chi ha visibilità pubblica. Questa valutazione ovviamente non sta a noi, citiamo queste riflessioni con mera intenzione euristica.

E’ veramente nostro dovere partecipare e nello specifico impedire lo sfacelo della Salute Mentale che si prepara in Piemonte. E’ un nostro dovere primariamente clinico; con ciò intendiamo anche la capacità di far rete e promuovere pensiero. Creare links, presidiare svincoli, tessere trame nuove, non sono forse questi atti tipici dello psicologo e del terapeuta?

Non possiamo voltare la testa dall’altra parte questa volta. Nessuno farà qualcosa al posto nostro e nel migliore dei casi il nostro posto sarà ancora una volta tristemente vuoto.

Dobbiamo tornare ad esistere nei luoghi dove si formano giudizi e pregiudizi, onde evitare che la lamentela e la vergogna siano i nostri unici strumenti.

Se è plausibile che per chi detiene un mandato di cura effettuare i seguenti passaggi, tagliati con l’accetta per ragioni di spazio:

etica = efficacia = valutazione = ingaggio con i valutatori = azione sociale = politica

come possiamo non scendere in campo?

In tutte le altre professioni sanitarie esistono da sempre circoli simili, nel mondo medico spesso valutazioni tecniche pongono problematiche di ordine sociale. Sta alla società civile ed ai suoi rappresentanti poi prendere le decisioni.

Ma noi come categoria quante volte abbiamo “obbligato” la politica a prendere in considerazione problematiche tecniche che diventano sociali e poi cliniche?

Quante volte è accaduto l’inverso invece? Quanto spesso siamo stati obbligati a rincorrere quelle scelte fatte da altri di cui nemmeno coglievamo il senso?

Questa volta accadrà lo stesso? Ancora una volta ci squalificheremo da soli?

Non possiamo pensare che i nostri pazienti gravi che abitano strutture civili ed inclusive vengano nuovamente rinchiusi in minicomi, tanto meno siamo disposti a tollerare che ci venga risposto che la nostra protesta è solo una questione di lobbying professionale.

“Ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo.” diceva  Ernesto Guevara, come possiamo sentirci terapeutici se non avvertiamo quella vampa e quel rossore? Se queste non sono questioni cliniche ed etiche con la C e la E maiuscole di cosa diavolo stiamo parlando?

Ai posteri..